Voi non sorgeste, o dall'Euganea terra
Vezzosi Poggi; che tra Voi non scerno
Accavalcate di scogliosi massi,
E incontro al CIelo minacciose infami,
Titanie rupi; non Atlantich'Alpi
Saggio eterno di nevi, e di procelle,
Romito impero d'accampate nubi;
Né foreste vegg'io cupe profonde,
Terror degli anni, abbominato nido
D'orride belve e di fischianti serpi,
Né rotatori di mugghianti piene
Tra rotte fauci, e tra squarciate gole
Torrenti voracissimi. Tra voi
Tutto respira gioventù, gaiezza:
Voi siete un vezzo di natura, un risoo,
Gioja del Cielo, e leggiadria del suolo.
Facili dossi, collinette apriche,
Tumuli erbosi, piccoletti scogli,
Commode vallicelle, ombrosi seni,
D'ombre fugaci sbattimento, e quanto
Per nubi opposte fluttuar di luce!
E là d'azzurro arabescati e foschi
Panneggiamneti e padiglioni, e quinci
Liete verdezze e morbidi tappeti,
E sempre nova, e sempre varia, e sempre
Cara discordia di color, di forme.
Cari boschetti, ruscelletti vivi
E torrentelli di brevissim'onda
Son vostra gloria. [...]
Ecco il Venda, ecco il Venda. A lui d'intorno
Come a Padre, a SIgnor fan cerchio e coro
Cento Colli minori. Egli soprasta
Immenso, imperial. Auanta di Cielo
Ve', quanta parte signoreggia, e quanta
Parte di suolo! E chi maggior non sente
Farsi poggiando alla sublime altezza? [...]
Questo d'Aquile è nido, e qua non poggia
Basso palustre augel, cui loto e nebbia
Son pasco e vita; ma leggieri augelli
Che beon rugiada, e vivon di luce
Questi gioghi rallegrano col canto. [...]
Vedi lontano monticelli e balzi
Quasi dall'ampia circolar catena
Propagginarsi rigonfiati, ed altri
Spuntar fraterni, e sollevarsi intorno
All'Alta rupe genitrice. Oh! quanto
Abitatori di pianure immense,
Qual bello è mai, che vi rallegri i sguardi?
Tratto da "I Colli Euganei", 1806

Abate Giuseppe Barbieri




